LAPSUS, 2013

Da molto tempo ormai lavoro sull’identità e sulla sua definizione. La realizzo visivamente analizzando i meccanismi della memoria che si stratifica attraverso i vissuti e le esperienze di vita; per questo motivo in passato ho indagato l’infanzia, non per nostalgia, ma perché  corrisponde ad una fase in cui si pongono le basi della costruzione della personalità e, nello stesso tempo, un periodo in cui tutto è ancora da compiere. Ciò mi ha portato a lavorare sugli album di famiglia e sulle vecchie pellicole di film 8 che hanno rappresentato il punto di partenza di molti miei progetti. In questo caso ho lavorato sui difetti del supporto, i limiti imposti dalla metratura della pellicola, che implicano un controllo sul tempo e obbligano a sospendere l’azione. Ed è per questo che ho usato la parte di pellicola lacerata, nella quale l’immagine si perde nel bianco interrompendo la sequenza del racconto: due bambini giocano a picchiarsi, una macchina da presa li riprende, per cui non smettono e rischiano di farsi del male … “L’errore” tecnico spezza momentaneamente l’azione, evitando che  degeneri; quando riparte il filmato i bambini si ritrovano nella medesima posizione, ma la recita pericolosa è finita …  I bolli bianchi della pellicola sgualcita degradano progressivamente nel bianco che, linguisticamente, diventa metafora  di cancellazione; ma questo vuoto non è sterile, contiene in sé le basi di una rigenerazione. Così è per me il bianco, il limbo dei miei set di ripresa. Una sorta di pagina bianca in cui tutto, come nell’infanzia, può essere possibile.

Link al video da cui sono stati tratti i frames: https://www.armidagandini.it/arte/?portfolio=cedi-non-cedo-2003

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