CON PIERO. STORIA E CONTROSTORIA DI UNA RELAZIONE CON L’ARTE, 2016

Armida Gandini mette in gioco la propensione artistica alla relazione, presente in buona parte del suo lavoro, mostrando con alcune sue installazioni mirate quella che l’ha vista coinvolta in vari modi e condizioni, col tempo ed in più occasioni, con la personalità di Piero Cavellini, indagando alcuni aspetti del suo lavoro di gallerista ed osservatore dell’arte per oltre un quarantennio.

Oltre ad alcuni incontri artistici del passato tra i due autori, come Tra Manerbio e Pontevico (messaggi telefonici tra un viandante autostradale e la sua Editor) e la memoria specifica di una partecipazione comune al progetto Arte e Luogo attuato in Camerun e legato alle loro esperienze didattiche, il punto di partenza della mostra è un recente scambio di immagini e testi fornito per 57 giorni da Piero Cavellini ad Armida Gandini via web intitolato I REMEMBER. Una foto al giorno, come ricapitolazione e memoria di una buona parte dei propri trascorsi di gallerista, editore ed autore, che per l’occasione è divenuto un libro comune corredato da una corposa intervista e confronto di opinioni sull’arte tra i due (Piero Cavellini con Armida Gandini,  I REMEMBER. Una foto al giorno, 2015, www.ilmiolibro.it).

Scavando nel ricordo del suo relatore Armida Gandini ne estrapola alcuni punti centrali che diventano opera in mostra, come la matrice dadaista e gli oggetti, libri ed edizioni appartenuti al suo vissuto nello specifico.

Spazio Contemporanea, Brescia

I REMEMBER. Una foto al giorno, book and wall, detail
I REMEMBER. Una foto al giorno, book and wall, detail
Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, books and wall, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Tra Manerbio e Pontevico, audio and digital print on black glass, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

Un anno di reciproci messaggi telefonici con un viandante temporaneo alla ricerca di se stesso e dei propri luoghi interiori e non, inviati dal viaggiatore al passaggio tra due caselli autostradali che indicano il territorio dell’artista, prende ora forma pubblica come racconto esplicito di un’anima che si svela ed una che accoglie. Sono le epigrafi di questa relazione nata per gioco e proseguita per complicità.  (P. C.)

Per un approfondimento vai al link: https://www.armidagandini.it/arte/wp-admin/post.php?post=413&action=edit

Tra Manerbio e Pontevico, digital print on black glass, detail
Tra Manerbio e Pontevico – Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, sono parole di Marco Tullio Cicerone, le stesse scelte da Piero Cavellini come citazione di apertura del libro I REMEMBER Una foto al giorno. L’installazione riproduce nello spazio della galleria la condizione di “arresti domiciliari” narrata dall’autore e circoscritta al luogo della sua quotidianità, tra l’interno dello studio  e l’esterno del giardino, in una dialettica forme della natura \ forme della cultura. Accoglie lo spettatore un muro di mattoni che intrappola nella sua rete alcune copie del libro prodotto in quella fase temporale ed emotiva, per poi aprire lo sguardo sulla prospettiva del giardino.

Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, books and wall, table, houseplants, photos, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, books and wall, table, houseplants, photos (by Ken Damy), installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

Il riferimento alla mostra Arte Ambiente, curata da Piero Cavellini nel 1976, viene attualizzato rielaborando immagini scaricate da Google Map dei giardini di Via Rebuffone in Brescia, che evidenziano l’assenza delle opere e l’impossibilità per lo spettatore odierno di fare degli incontri artistici. 

Incontri mancati, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Incontri mancati, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Incontri mancati, ten cut photos, detail
Se presso una biblioteca ci sarà un giardino nulla ci mancherà, detail
I REMEMBER. Una foto al giorno, 2015, 59 digital print on cotton paper, installation view

Un omaggio a Sarenco con tre opere tratte dal progetto Gli sconosciuti di Brescia realizzato per la Galleria Nuovi Strumenti nel 2005, associate a tre lavori di Armida Gandini del 2012 che fanno parte della serie Storie di alter ego, tre lettere scritte, imbustate e spedite a tre personaggi  letterari e ovviamente ritornate al mittente.

Omaggio a Sarenco, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

La passione di Piero Cavellini  per l’Africa, incentivata dalla rivelazione della mostra Magiciens de la terre e dall’amicizia con Sarenco, è documentata  dalla presenza di opere di artisti africani autoctoni, la senegalese Seni Awa Camara e il tanzaniano George Lilanga, che esprimono le realtà spirituali ed estetiche della propria terra in evoluzione.

Coordinate africane, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Coordinate africane, detail

Lo “studiolo” è stato pensato come un omaggio allo spazio dove le vicende della storia di Cavellini sono attestate dall’accumulo di oggetti, opere d’arte, libri, ricordi, pubblicazioni, cimeli, fotografie… una sorta di camera delle meraviglie da attraversare e da scoprire comodamente affossati nella poltrona rossa di Piero.

La Wunderkammer di Piero, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

Nell’anno che celebra il centenario della nascita di Dada al Cabaret Voltaire, l’installazione Il y a cent ans Cabaret Voltaire omaggia  lo spirito Dada, attraverso una serie di lavori molto diversi  tra loro  e raccolti in questa occasione per rimarcare la matrice dadaista dell’esperienza di Piero Cavellini nel corso degli anni della sua attività: dalla mostra degli Objects d’affection di Man Ray del 1982 al catalogo della Collezione Campiani, al  progetto concepito in collaborazione con  Antonio Faggiano, D’après Duchamp,   e  al lavoro di GAC (Autostoricizzazione, 1976). Completa la stanza un omaggio al film sperimentale di Man Ray Les Mystères du Château du Dé (BN – durata 19’47” – 1929),  che riflette la passione di Gandini per il cinema e per il gioco della fatalità dei dadi (Dio non gioca  a dadi, 2011). Tra le opere si distingue un ritratto di Hannah Höch di Gandini (Stampa Lux-Art, cm 60 x60), artista dadaista di nazionalità tedesca, pioniera del collage e del fotomontaggio, che appartiene al folto gruppo di donne del progetto Mi guardo fuori (2013)  dove, attraverso un gioco di identificazione,  sono celebrate figure fondamentali della cultura e della storia.

Il y a cent ans Cabaret Voltaire, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia
Les Mystères du Château du Dé by Man Ray, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

In buone mani

Da qualche anno il lavoro di Armida Gandini indaga il tema dell’incontro, fondamentale nella storia personale e culturale di ognuno di noi. Interessata a discorsi relativi al rapporto tra generazioni e all’eredità culturale, ha sviluppato un progetto in cui omaggia con un semplice gesto di una carezza le figure dei Padri che sono stati importanti punti di riferimento durante la sua formazione e per il suo lavoro artistico. Accanto ai ritratti un surrogato di sedia si sostiene grazie alla pila di libri scritti da Piero Cavellini che costituiscono una base di riferimento a cui appoggiarsi.

In buone mani, installation view, Spazio Contemporanea, Brescia

Intervista di Giampietro Guiotto per l’articolo del 26.05.2016 pubblicato sul BRESCIAOGGI

E’ una mostra differente da quelle consuete questa dell’artista Armida Gandini, perché interessa la relazione tra l’artista e Piero, figlio di Guglielmo Achille Cavellini. Questa ampia esposizione è accompagnata dalla pubblicazione di I REMEMBER Una foto al giorno, 2015, www.ilmiolibro.it, un volume di immagini e scritto a quattro mani che mostra la propensione dell’artista alla relazione interpersonale e alla funzione dell’arte, intesa  come meccanismo d’allarme sociale, sprofondamento intimista, narrazione, ma soprattutto ascolto dell’altro nel quotidiano. Ad accogliere il visitatore della mostra, un imponente muro, simbolo divisorio tra pubblico e privato, perché al di là di esso si apre un angolo di verde con piante prestate da amici e un tavolo di cristallo, con la scritta di Marco Tullio Cicerone, che dice: “Se presso una biblioteca ci sarà un giardino, nulla ci mancherà”.  Letteratura, vitalità della natura ed arte del bello si intersecano qui, ad indicare un colloquio tra le arti e tra gli artisti.

G. G. Questa intersezione è valida e stimolante anche oggi?

A. G. In quest’epoca della complessità ritengo di sì, sia per quanto riguarda la contaminazione tra i generi e le discipline, sia per quanto concerne un lavoro di collaborazione tra gli artisti.

G. G. Come nasce l’idea della mostra?

A. G. La mostra è frutto della relazione affettiva e professionale con Piero Cavellini. Nell’ultimo anno in particolare ci siamo frequentati con assiduità per via del libro che abbiamo scritto in collaborazione, che racconta la storia della lunga attività di Cavellini come gallerista, autore, editore e osservatore dell’arte. La mostra può essere letta come atto finale di  questo percorso che dalla carta stampata si materializza nello spazio della galleria.

G. G. Le opere in mostra coprono però un arco di tempo più ampio

A. G. Come scrive Piero nel libro  “la coppia è collaudata”. Nel 2008 ho coinvolto la sua nipotina Chiara come protagonista di un mio video e da quel lavoro sono partite altre collaborazioni: un’esperienza in Africa, la partecipazione comune ad una mostra di S. Falci, uno scambio di messaggi telefonici formalizzati in un progetto “Tra Manerbio e Pontevico”.  Inoltre, Piero è tra i miei maestri e quindi presente nella carrellata dei Padri spirituali di In buone mani, in cui omaggio con il gesto di una carezza quelle figure che sono importanti punti di riferimento per me e per il mio lavoro.

G. G. Nel tuo lavoro è frequente la propensione all’aspetto relazionale: che cosa significa interagire con l’altro e con l’arte?

A. G. La questione è complessa, perché credo che l’approssimarsi all’altro sia un processo lento e impegnativo   che noi diamo per scontato, ma che si costruisce giorno dopo giorno, prendendosi cura e aprendosi all’imprevisto di ciò che possiamo scoprire dell’universo dell’altro.

G. G. C’è un velo di malinconia che aleggia in mostra? Forse perché l’arte ci parla di quello che ci manca?

A. G. Si, perchè l’arte è anche una risposta a quello che ci manca, tenendo presente però che è la mancanza ad alimentare il desiderio.

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